domenica 30 giugno 2013

[Recensione] Anemos, di Valentina Sagnibene

«Verranno tempi terribili, ma a noi non è dato sapere tutto,
perché la storia si costruisce sui tuoi passi.»



Titolo: Anemos
Autore: Valentina Sagnibene
Editore: Prospero Editore
Prima edizione: 2013

Trama

Anemos è un mondo magico sull’orlo dell’abisso.
Sophie è un’alunna poco brillante, una figlia distratta, che si ritrova catapultata ad Anemos con il compito di salvare questo mondo.
Comincerà, insieme a una scontrosa compagna di viaggio, un percorso di crescita costellato di epiche battaglie e incontri con buffe creature.


Come molte opere prime, il romanzo d’esordio di Valentina Sagnibene ha in sé dei pregi e quelli che, secondo il mio gusto, sono degli aspetti meno riusciti.

Un punto forte dell’autrice è certamente lo stile. Anche se un po’ impacciato all’inizio, è per il resto scorrevole e intrigante: una prosa che si snoda con una certa sicurezza, con pochi intoppi. I dialoghi sono realistici, mai forzati, e il un buon bilanciamento tra questi e la narrazione crea un buon ritmo che invoglia a continuare a leggere e permette al lettore di calarsi nella storia.
Particolarmente efficaci dal punto di vista stilistico, oltre che coinvolgenti e misteriose, sono le descrizioni dei sogni. È altrettanto bella anche l’atmosfera che nasce quando entra in scena il personaggio più intrigante del romanzo: Santal, il cavaliere ombra che segue Sophie e la sua amica nel loro viaggio, apparendo e scomparendo come un ricordo perduto che fatica a tornare.

«…quella notte, se ce l’avesse fatta, avrebbe ucciso anche Santal. Sì, la sua spada si sarebbe coperta di sangue, sangue di un cavaliere che continuava a seguirla come la sua ombra su quel sentiero, e che sicuramente doveva avere delle risposte, doveva sapere.»

Nonostante lo stile sia così coinvolgente, c’è, però, da dire che, sparsi per tutto il romanzo, sono presenti alcuni errori formali: qualche preposizione mancante là dove sarebbe necessaria; un indicativo al posto di un condizionale; chiamare “battaglia” (scontro tra eserciti) quello che nella storia è in realtà un “duello” (scontro tra due); “villaggio” e “città” usati scorrettamente come sinonimi; per non parlare dei personaggi che si danno prima del lei, poi del voi e poi del tu senza che questa alternanza sia giustificata. Sono piccole cose che possono infastidire il lettore, pur non ostacolando la lettura.

Oltre agli errori formali, sono da segnalare alcune contraddizioni e incongruenze che possono far storcere il naso. Ad esempio, a pagina 187 Sophie scopre come una cosa nuova un dettaglio che in realtà le è stata rivelata da un Saggio parecchie pagine prima. Oppure, com’è possibile che Itha non conosca, al pari di Sophie, la storia del proprio mondo?

Errori formali e contraddizioni a parte, che possono capitare, quel che mi ha convinto di meno è, purtroppo, l’impianto generale della trama.

In un genere così frequentato e amato come il fantasy, produrre qualcosa di veramente originale è difficile; e anche in questo romanzo il peso dei modelli si fa sentire. Ad esempio, l’eroina Sophie (che nel nostro mondo non sa muoversi senza rompere un bicchiere, e ad Anemos diventa un Cavaliere di Eos) ricorda molto Bastiano della Storia Infinita. Lo stesso mondo di Anemos, con una dea della luce e un cattivo, Omnius, che fa sprofondare tutto nell’oblio, ricorda davvero troppo Fantàsia, la sua Infanta Imperatrice e il Nulla che tutto divora.
Ma non è finita qui: è presente il tradizionale viaggio di formazione e una compagna di viaggio con cui Sophie instaura il tipico legame di amore-odio; sono poi presenti i classici Grandi Saggi capaci di trasformare una ragazzina impacciata in un cavaliere nel giro di poche settimane grazie a una spada che, siccome Sophie è la predestinata, la guida misteriosamente.

«Sophie non riusciva a comprendere fino in fondo ciò che faceva: era come se la sua spada la guidasse con disinvoltura, parando colpi a destra e a sinistra e ricambiando gli affondi con forza.»

Insomma, a un lettore navigato, questo pur bel libro ha troppi elementi che suonano come già visti, già sentiti. Pur essendo una lettura molto piacevole e coinvolgente, questo romanzo non ha mai il coraggio di ribaltare i cliché della profezia, del mondo diviso tra Bene e Male, del grande saggio/vecchio mago che insegna al protagonista a combattere, del predestinato a cui viene quasi tutto bene non perché si è allenato, ma perché è stato scelto dal destino.

In definitiva, questa è una storia consigliabile a chi abbia, magari, l’età della dodicenne protagonista e voglia affacciarsi al genere fantasy, lasciandosi coinvolgere da personaggi interessanti anche se non nuovissimi, lasciandosi trascinare da uno stile incalzante e sempre fresco.


Per concludere, l’autrice avrebbe tutte le carte in regola per osare di più, per creare un mondo più complesso di quello tipicamente diviso tra Bene e Male. Un mondo dove le spade non danno un senso di onnipotenza e di sicurezza anche a una ragazzina spaurita che non ne ha mai impugnata una prima di allora. Un mondo, magari, dove non ci sono predestinati, ma si vince grazie ad anni e anni di addestramento. Un mondo dove, per una volta, non ci sono Eletti né Eroi.

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