sabato 21 aprile 2012

[Recensione] Verrà il tempo per noi, di Gianni Gardon

“Quella notte si era spezzato qualcosa nelle loro fragili vite
e per il bene di entrambi decisero di non parlarsi più,
anche per scacciare gli incubi.”




Titolo: Verrà il tempo per noi
Autore: Gianni Gardon
Editore: Nulla Die
Prezzo: 18 euro
Pagine: 186


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Il punto forte del romanzo d’esordio di Gianni Gardon sono i protagonisti vari e interessanti. Sono ragazzi che lottano per realizzare il proprio sogno. Seguendo ognuno di questi personaggi, il brillante Claudio, la dolce Vale, l’inquieto Johnny o i tanti altri, il lettore è partecipe delle loro aspirazioni, delle loro risate, delle loro angosce. In poche parole, dei loro primi passi verso l’età adulta, illuminati dal suono della musica e resi un po’ amari per qualche illusione infantile destinata necessariamente a cadere.

Una storia di formazione, dunque, in cui si scopre che i protagonisti, che all’inizio non sembravano avere molto in comune, sono legati da una trama di fili invisibili ma indelebili. Pagina dopo pagina, i fili delle loro vite si annodano spontaneamente, creando un intreccio complesso e completo, che lascia al lettore la sensazione di una storia compiuta. Ma è anche un finale aperto, perché quando, finalmente, “verrà il tempo” per tutti loro, il lettore potrà continuare a immaginarsi come saranno le loro vite, se davvero tutto è compiuto, se davvero quel tempo è arrivato. E questo aggiunge fascino al racconto e ai suoi personaggi.

Un appunto che si potrebbe fare riguarda la lunghezza. Il bel romanzo di Gardon si legge in un pomeriggio, estendendosi in sole 177 pagine. Su una trama così solida e ben strutturata, invece, si sarebbe potuta sviluppare una vicenda più ampia, scavando ulteriormente nella psicologia dei suoi già intriganti protagonisti.
Ma sappiamo per certo che Gardon sta lavorando a un nuovo romanzo. Aspettiamo, dunque, un’opera più estesa e ancora più profonda, sicuri che quel tempo verrà.

Agave

venerdì 13 aprile 2012

[Recensione] Le nebbie di Avalon, di Marion Zimmer Bradley

«Ma la magia di Avalon non cambia mai », mormorò Galahad. « La nebbia, i canneti, le grida degli uccelli acquatici... e la barca che, come per magia, giunge dalla riva silenziosa... So che qui non c’è nulla per me, eppure vi ritorno sempre.»


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Dopo che abbiamo sentito tanto parlare di un romanzo come di un capolavoro, quando finalmente lo abbiamo tra le mani rischiamo di rimanere, quasi inevitabilmente, un po’ delusi.
Ed è così che mi sono trovata leggendo Le nebbie di Avalon: mi aspettavo una storia che avesse il sapore dei miti antichi, e mi son ritrovata a che fare con le lagne e le lamentele di donne tutte uguali.

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Le nebbie di Avalon è il racconto del ciclo arturiano narrato dal punto di vista delle donne. Idea interessante, se solo queste donne fossero interessanti.
Peccato che Igraine, Morgana,Viviana, Ginevra parlino tutte più o meno nello stesso modo, pensino nello stesso modo, vivano quasi le stesse situazioni. Tutte si innamorano di un uomo bellissimo, tutte sospirano un po’ per averlo, tutte sono presentate come figure a metà tra la solennità della loro stirpe regale e la dimensione umana del loro essere donna.
Questa duplicità prometterebbe grandi cose, se solo questi due aspetti delle protagoniste non fossero delineati in maniera monotona e frettolosa. La solennità di alcune di loro è, infatti, percepita in momenti fugaci in cui la donna, per effetto di una magia, si erge di fronte all’uomo in tutto il suo fascino. Altrettanto accade con la loro dimensione umana: i diversi punti di vista non sono ben marcati, tanto che i pensieri delle varie protagoniste sono molto simili tra loro e sono molto brevi, poco approfonditi.
Per non parlare del fatto che queste donne (ed è una donna che scrive questo articolo) sono, in certi momenti, persino irritanti.
I personaggi femminili sono piatti e sciocchi, privi di logica: Ginevra è isterica e bigotta; le grandi sacerdotesse di Avalon, Viviana e Morgana, commettono continuamente errori di calcolo imbarazzanti. Ed è inquietante che in un presunto romanzo femminista il personaggio più complesso e approfondito sia Lancillotto (il cui vero nome è Galahad). Lancillotto, infatti, è tormentato da un segreto ben più vergognoso – per l’epoca – dell’amore nascosto per la regina, un segreto che getta una luce nuova e intrigante su tutta la vicenda. Inoltre, l’autrice affida a Galahad i ragionamenti più profondi sul senso della magia, della vita, dell’amore, e sono sue alcune delle frasi (come quella che ho riportato in cime a questo articolo) che creano il senso di mistero che, a volte, aleggia nel romanzo come un velo di nebbia incantata.

E dunque ci si chiede: se in un romanzo femminista le donne appaiono come delle adolescenti vagamente isteriche e dalla psicologia ben poco approfondita, in un romanzo maschilista come dovrebbero apparire?

A questi difetti si aggiunga il fatto che, in generale, tutto il romanzo è pervaso da una certa fretta. Le sequenze narrative sono brevi, anche quelle più importanti (come il matrimonio di Artù e Ginevra). Il lettore ha appena il tempo di calarsi in una scena che subito essa è cambiata.
Un esempio che si può citare senza svelare snodi della trama, poiché si tratta di un episodio fine a se stesso, è il rapimento di Ginevra da parte di Meleagrant: la regina viene rapita a pagina 394, violentata a pagina 396, salvata a pagina 398. Il lettore non ha il tempo di dolersi per la sua sorte, che subito viene indotto a rallegrarsi per la sua salvezza!

La stessa tendenza alla sintesi frettolosa non risparmia le descrizioni, ridotte a poche frasi o addirittura a poche parole. Il lettore sente la necessità di sentirsi descrivere il castello di Cornovaglia, il palazzo di re Artù a Camelot... Nulla. Nemmeno Avalon è descritta come ci si aspetterebbe. Nella scena in cui Morgana è portata per la prima volta nell’isola fatata viene detto solo:

«Il cima al Tor stava un cerchio di pietre erette, fulgido nel sole, e la grande strada processionale saliva intorno all'immensa collina. Ai piedi del Tor c'erano gli edifici che ospitavano i sacerdoti, e sul pendio erano visibili il Pozzo Sacro e il bagliore argenteo della polla-specchio. Lungo la riva crescevano i meli e le grandi querce con i rami carichi di vischio.»


E negli episodi successivi non viene detto molto di più. C’è le nebbia e ci son le mele: Avalon è tutta qui.

In conclusione... credo che si possano trarre due conclusioni.
Per un aspirante scrittore, Marion Zimmer Bradley è entrata comunque a giusto titolo nell’empireo dei grandi autori fantasy: molti di coloro che sono venuti dopo di lei hanno attinto al suo repertorio e nessuno che sia intenzionato a scrivere storie fantastiche può pensare di farlo senza aver conosciuto Avalon e le sue sacerdotesse.
Ma per un lettore credo che, come Avalon ormai è resa lontana dalla nebbia del passato, così questo romanzo sia stato superato da altri che hanno saputo unire il fascino dei miti lontani all’indagine introspettiva tipica della narrativa moderna, aprendo la via a un’epoca nuova del fantasy.

Agave

sabato 7 aprile 2012

[Recensione] Cronache del mondo strambo, di Laura Schirru

"Perché non mi rapisci tu, allora? Portami via, diranno tutti che mi hai
mangiata! I draghi fanno questo, no?"
"Noi non mangiamo mai le principesse. Siete la nostra fonte di
reddito."



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Titolo: Cronache del mondo strambo
Autore: Laura Schirru
Editore: ebookVanilla
Collana: Writer's Dream
Prezzo eBook: 0,87€
Prezzo cartaceo: 5,90€
N° pagine: 68


Laura Schirru, “piccola stella splendente del fantastico italiano” ci ha regalato due storie godibili dagli appassionati del genere, ma non solo. In pochi mesi, infatti, questa breve antologia contenente due racconti, Cronache del mondo strambo e La ballata del drago saggio e della principessa nervosa, è stata scaricata da più di mille utenti.
È tuttora disponibile l’ebook a 0,87€ e si può ordinare la versione cartacea a 5,90€ a questo indirizzo: EbookVanilla

E passiamo alla recensione.

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Il primo racconto è suddiviso in capitoli destinati a ribaltare in modo ironico (e a tratti davvero spassoso) i più abusati stereotipi del fantasy. Seguiremo, dunque, le avventure del ladro Kiril il cui obiettivo è salvare una principessa della quale, in fondo, non gli importa molto. Incontrerà di tutto: cavalli parlanti, stregoni orrendi e cavalieri idioti. E alla fine otterrà un premio, perché ogni buon fantasy ha un lieto fine. Solo che questo non ce lo siamo aspettato.

Per quanto riguarda la Ballata, ha, secondo me, qualcosa in più del primo racconto, perché, oltre all'ironia sempre brillante e fresca, ci si trova anche un velo di poesia. Le figure della principessa e del drago, pur essendo buffe e divertenti, hanno alcuni momenti in cui lasciano trasparire un’umanità insospettabile, che va oltre la comicità del momento.
Non è facile inserire in un racconto così breve dei personaggi che riescono a rimanere nella mente del lettore dopo che è trascorso molto tempo dalla lettura. E posso assicurare che mi ricorderò ancora a lungo del bel drago saggio e della deliziosa, nervosissima principessa.

Agave

venerdì 6 aprile 2012

Le cose vaganti

“Ed ora, con un certo piacere, noto che sono le sette e che devo preparare la cena. Merluzzo e salsicce! Credo che scrivendone ci si renda in qualche modo padroni del merluzzo e delle salsicce.”

Virginia Woolf

Ormai da dieci anni tengo un diario nel quale ho spesso tentato di catturare con l’inchiostro pensieri e persone, ma quasi tutto quello che tento di afferrare mi sfugge.
Quasi.
Perché a volte riesco ad acchiappare qualcosa.

Ed è così che nasce l’idea di questo blog.
Ogni post comincerà o finirà con una citazione, una piccola “cosa vagante” che sarò riuscita a catturare abbastanza a lungo per ricamarci attorno.

Troverete pensieri sparsi, recensioni di film, di libri (tanti libri) e di canzoni.
E spero che tutto questo possa, per qualche momento, catturare anche voi.
Agave