Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza
non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli.
- Italo Calvino
Qual è il modo giusto per parlare di classici?
Sono certa di una cosa: niente fa sembrare poco attraente un libro quanto la percezione che leggerlo sia obbligatorio.
Quando avevo 12 anni e divoravo i romanzi di avventura di Manfredi, mio padre mi ha detto: "Sei grande: basta libri per ragazzi. Leggi i classici". E mi ha indicato la sua libreria. La Grande Libreria. Ma non era ancora il momento.
Ho iniziato molto più tardi, attorno ai 17 anni, quando mi è saltato un grillo in testa e ho pensato: voglio leggere tutti i libri di cui ho sempre sentito parlare ma che non ho mai aperto. E l'ho fatto come lo può fare un'adolescente: in maniera disordinata e voracissima.
Ho preso d'assalto, nell'ordine, Frankenstein, Madame Bovary e Le tigri di Mompracem. Poi ho cominciato a darmi una regolata e a scegliere con criterio, a seconda delle necessità, dell'umore, del tempo a mia disposizione, passando dall'Iliade ai Tre moschettieri, dall'ironia di Calvino all'intensità di Elsa Morante al felice sogno tumultuoso di Virginia Woolf.
Qui si torna al motivo per cui si legge, che nel mio caso non è uno: sono molti.
A volte leggo per bisogno di evasione, a volte per amore dello stile o della trama. A volte voglio partire per l'Isola del tesoro e altre ho un disperato bisogno di Tolstoj.
Ma soprattutto, leggo perché leggere è divertente.
In conclusione, credo che sia utile avere qualcuno che indichi la Grande Libreria, ma che sia importante lasciare che i lettori ci si avvicinino da soli. Altrimenti non c'è divertimento, solo noia e imposizione. Che è poi il motivo per cui io, come tanti ragazzi, mi sono riletta i Promessi sposi dopo il liceo, quando non erano più obbligatori.
Insomma, se alcuni giovani scrittori non hanno mai letto Proust, non è detto che non lo leggeranno mai, semplicemente perché finora hanno letto ciò di cui avevano più bisogno. E non è stato tempo perduto.