«La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi colore del cielo,
e dell'estiva vesticciola: "Babbo
- mi disse - voglio uscire oggi con te".
Ed io pensavo: Di tante parvenze
che s'ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull'onde biancheggia, a quella scia
ch'esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti.»
Questa poesia, che dà anche il titolo al blog, mi è stata dedicata da mio padre l’11 ottobre 2009, giorno del mio diciottesimo compleanno. Mi è tornata in mente qualche giorno fa, a tre anni di distanza, e mi sono accorta che molte persone, nella mia vita, mi vedono ancora così.
Per mio padre sono ancora una nuvola vestita d’azzurro, immersa in viaggi reali o immaginari, che scivola sopra alle cose del mondo senza toccare nulla, leggera e vagante.
Io, invece, mi accorgo che forse ero così qualche tempo fa, ma adesso è diverso.
A volte mi sembra di essere pioggia, di scivolare verso il basso, attirata da pensieri troppo pesanti.
E a volte, soprattutto quando scrivo, mi sembra di essere aria, senza corpo né sostanza, libera da qualsiasi legame.
Ma per mio padre so che rimarrò per sempre una bambina, una nuvola vagante, abbastanza vicina alla terra per vederne la bellezza, abbastanza libera per sorridere al cielo.
Agave
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