giovedì 8 settembre 2016

Buoni propositi per la fine dell'anno


Ok, i buoni propositi si fanno per l'anno nuovo. Ma forse nel mio caso è meglio iniziare ora.
Settembre per molti è già sinonimo di inizio: si rientra dalle vacanze e ci si rimette al lavoro, o si va a scuola o all'università.
Mi sembra un buon momento per fare il punto. Anzi, per farne tre.

1. Gisella, finisci di scrivere quel dannato libro
Niente è più difficile che scrivere la fine di un romanzo. Mancano poche pagine al mio nuovo progetto, e sono bloccata da una settimana. Questo accade perché la Gisella-scribacchina è fatta da tante Giselle. Quella che butta giù di getto e poi cancella tutto. Quella che scrive lentamente, con pensosa seriosità, e poi cancella tutto. Quella che, se scrive una frase di 100 parole, ne cambia 90. Quella che scrive un racconto con felicità e linearità, senza sbavature né ripensamenti. Ma questo accade una volta all'anno.


2. Aggiorna il blog
Quest'anno, tra la fine dell'università e il lavoro da giornalista, il blog è rimasto abbandonato alla più totale incuria. Ma (vedrete) da oggi lo aggiornerò più volte alla settimana. Diario di una scribacchina è come una casa: sono stata lontana troppo tempo, ma ora che sono tornata non voglio più stare via così a lungo.

3. A proposito, trova una casa
Ho finito l'università. Sto lavorando. Vorrei andare a vivere da sola o con dei coinquilini. Insomma, dopo aver vissuto a Pavia e a Stoccolma, il mio piccolo paese in provincia di Bergamo comincia a starmi stretto.
Certo, il Buon Proposito c'è. Ma sarà meglio fare due calcoli.

lunedì 5 settembre 2016

Leggevo, leggo, leggerò #2


Chi mi conosce sa che soffro di schizofrenia letteraria. Leggo di tutto, a seconda dell'umore o della necessità. Leggo per distrarmi, per divertirmi, per capire, per ritrovare qualcosa che avevo perso.

Capita spesso che nello stesso mese si alternino fiabe, classici di qualsiasi epoca, chick-lit, fantasy, saggi, bestseller internazionali o volumi meno sconosciuti.

Ecco i tre LLL della settimana.

Leggevo Ascolta il mio cuore, leggo Il processo e leggerò un inedito



Leggevo
Bianca Pitzorno, Ascolta il mio cuore, (Mondadori)
Rileggere un libro amato da bambina con la consapevolezza dell’adulta e lo stesso incanto. I libri di Bianca Pitzorno, come ogni classico, sono una delizia da riprendere in mano a tutte le età.

Leggo
Franz Kafka, Il processo, (Feltrinelli)
Straniante, ironico, cupo. Geniale.

Leggerò
Il libro scritto da una mia cara amica malvagia, che mi ha passato il suo romanzo inedito, ma deve ancora finire gli ultimi capitoli. So già che soffrirò aspettando la conclusione.

E voi? Quali di questi libri conoscete? 
Cosa state leggendo in questo periodo?


mercoledì 31 agosto 2016

I libri che amavo quando ero bambina



Solo una cosa mi piace più della lettura: la rilettura. 

A volte ripenso ai romanzi che amavo di più quando ero bambina.
Eccoli qui.

Adoravo i libri di Bianca Pitzorno, soprattutto Ascolta il mio cuore e L'incredibile storia di Lavinia. Non ho la mia copia personale perché me li passava la mia migliore amica di allora, che si chiamava proprio Lavinia.
In Ascolta il mio cuore la protagonista è una bambina aspirante scrittrice che scriveva di getto. Io ero una bambina aspirante scrittrice che scriveva di getto. Potevo dunque essere più affascinata di così?
Sì, direi, perché nell'Incredibile storia di Lavinia, la protagonista aveva un anello magico capace di tramutare qualsiasi cosa in cacca.
Un potere estremamente attraente.

Andavo matta anche per la collana dei Piccoli brividi.
Me li aveva fatti scoprire il mio compagno di classe Tiziano, che a sette anni era già un mangialibri.
Ricordo che, a furia di leggere Piccoli brividi, che erano scritti in prima persona, avevo iniziato a pensare in prima persona. E al passato remoto. Andavo a scuola e in testa avevo qualcosa di simile a:
"Ed ecco che svoltai l'angolo e l'autobus mi attendeva, una macchia colorata nella nebbia mattutina".
Da brivido.

E poi naturalmente c'erano le fiabe.
Mio padre, appena sono nata, mi ha regalato quattro libri enormi, ricoperti di tela azzurra, dal titolo Tutte le fiabe. Erano di quando lui era bambino, sono stati il primo regalo che ha ricevuto e che poi ha donato a me. Su quelli ho imparato a leggere. Era bellissimo tenerli spalancati sul letto. Mi piaceva il loro peso e la bellezza delle loro figure. Mi piaceva passarci le ore a contemplare ogni storia e ad amare le immagini. Ricordo le mie preferite di allora, che stranamente sono quasi tutte di Andersen: L'usignolo, che era la prima del Volume 1. Il compagno di viaggio, così macabra, violenta, misteriosa. E Barbablù, il terrore di ogni bambina.

E voi? Quali romanzi avete letto e amato da bambini?
Li leggereste ora?



lunedì 22 agosto 2016

L'ispirazione dorme sulle ciabatte


Passare mesi con un romanzo immobile, che non va avanti. E poi, dal nulla, scrivere una pagina, due, tre, di getto, senza pensare.

Nell'ultimo anno è successo di tutto. Nell'ordine, sono stata in Erasmus a Stoccolma, sono tornata a Bergamo, ho iniziato a collaborare con il "Corriere della Sera" della mia città, mi sono laureata.

L'ultima cosa che è successa è Argo. Un cucciolo di labrador chocolate che passa dall'iperattività alla catalessi nel tempo di una scodinzolata. Appena arrivato in casa, ha conquistato tutti (tranne la gatta, Mira, che lo fissa con un misto di diffidenza e sdegno).

Quando sono in casa, dopo aver giocato, Argo si accoccola ai miei piedi. Sopra i miei piedi.
Gli piace dormire sulle ciabatte mentre scrivo.
Forse sono i suoi sogni a cullare la mia ispirazione, a restituirmela rinnovata e morbida.


martedì 31 maggio 2016

Matteo Bussola
Diario di una paternità poetica


«Di lavoro faccio il padre. Di professione disegno i fumetti. Per passione, scrivo».

Comincia così Notti in bianco, baci a colazione (Einaudi). Il primo libro di Matteo Bussola è il diario di una paternità. La sua, poetica e totalizzante.

Bussola, fumettista per la Sergio Bonelli, lavora in casa. Si occupa delle figlie insieme alla compagna Paola, tra giochi, pappe, spesa, compiti. Lei è scrittrice, lui ha cominciato a scrivere per gioco, raccontando su Facebook, giorno dopo giorno, momenti della vita in famiglia

C'è la figlia maggiore, Virginia, sempre con le cuffiette dell'iPod nelle orecchie. C'è la piccola Ginevra con le sue grandi domande. C'è Melania e il suo linguaggio fatto solo di vocali. E c'è l'amore per Paola, da tenere insieme con un elastico per capelli. Sullo sfondo, cassiere che leggono Bukowski, cani insopportabili e buffi, belle signore che nascondono un triste fondo di razzismo. E tanto altro.

Gli status su Facebook in pochi mesi diventano virali. Apprezzati e condivisi, ottengono centinaia e poi migliaia di like. Soprattutto signore, ma anche uomini, che creano attorno a quei post una comunità di affezionati lettori che continua a crescere.

Matteo Bussola
Piace a tutti quest'uomo che rifiuta di essere un padre assente per farsi osservatore delle tre vite che culla. 
Piace perché nelle sue parole ci sono cose vere, nulla è inventato? 
Non solo. 
Ciò che più colpisce non è la figura di padre autorevole e non autoritario, che è sempre più diffusa. Non è la condivisione del privato, che è il principio su cui si basano tutti gli utenti di Facebook e non basta per distinguersi. 
Ciò che affascina è la delicata precisione con cui Bussola sa raccontare qualsiasi cosa. C'è, nel suo modo di scrivere, una poesia che trasforma gli status su Facebook in momenti di universale quotidianità. Una cura delle parole che rende prezioso l'attimo più comune e riempie tutto di una bellezza sospesa. Persino le notti insonni. Persino le incertezze e la paura di essere inadeguato a questo nuovo ruolo di padre, diverso dallo stereotipo tradizionale. 

Si resta così incantati dal racconto intimo e ironico di una paternità vissuta «tra la responsabilità e l'abbandono», «tra la forza e la tenerezza», come si legge nel libro del fumettista-padre-scrittore. Lui che sa scoprire,

«i privilegi degli uomini quando hanno a che fare con la propria maternità. Stringere un pianto al proprio petto, ascoltarlo andarsene ed essere sostituito da un sonno prima irrequieto e poi profondo. Quel che le madri non sospettano è che quando i padri si alzano alle tre di notte per coccolare i figli non è per fare i gentili, né per lasciarle dormire. È solo per recuperare il senso».


venerdì 29 gennaio 2016

Le principesse disney parlano di meno? Per fortuna!



Le principesse disney parlano meno dei loro colleghi maschi.
E' quanto emerge da unouno studio delle linguiste Carmen Fought del Pitzer College e Karen Eisenhauer della North Carolina State University sui personaggi femminili dei film di animazione firmati Disney.

Ma è un male?
Trovo invece che sia un dato positivo.

Infatti, nei cartoni animati del passato, Biancaneve, Cenerentola e Aurora sono in scena con gli animaletti del bosco o con i topolini; i loro principi arrivano alla fine solo per dare un bacio o poco più. I principi, insomma, nel passato, erano il "premio finale" delle principesse che, con la sola presenza, garantivano alla fanciulla di accedere a uno stile di vita superiore.

Belle
Invece, nei cartoni moderni, i principi hanno acquisito lo status di personaggio vero e proprio. Non c'è più l'idea che la protagonista sia una fanciulla da salvare e il principe sia il simbolo della sua salvezza, ma entrambi, uomo e donna, devono compiere un percorso di formazione prima di potersi amare. Anzi, in alcuni casi, è l'uomo a dover imparare qualcosa, mentre la donna è già matura e consapevole di sé.
Osserviamo gli esempi.

La Bella e la Bestia

Belle parla meno della Bestia, ma il motivo è semplice: come avevo già scritto qui (Pensieri su La Bella e la Bestia) non è Belle la protagonista, ma è la Bestia. Come si fa a dirlo? E' la Bestia che deve imparare ad amare, che compie un'evoluzione psicologica e alla fine si trasforma in principe. Non è l'amore di Belle a salvarlo: è la Bestia che salva se stesso quando capisce che può farlo.

Jasmine
Aladdin

Anche qui lo stesso discorso. Jasmine parla meno di Aladdin perché è Aladdin il protagonista: Jasmine, all'inizio della storia, è già una donna forte, indipendente e con le idee molto chiare su che cosa vuole e che cosa non vuole dalla vita.
Aladdin, al contrario, deve ancora trovare la propria identità. Per questo il nostro ladruncolo parla di più della sua principessa.

Rapunzel

Questa è la mia favola preferita, come sapete (e se non lo sapete, leggete Pensieri su Rapunzel), anche perché Flynn e Rapunzel compiono un percorso di formazione insieme prima di potersi amare: lei impara a muoversi nel mondo; lui a fidarsi di qualcuno al punto da sacrificare la propria vita.
La stessa cosa succederà, anche se realizzata in maniera non altrettanto efficace, per Anna e Kristoff di Frozen.

Insomma, che le principesse parlino tanto quanto i principi indica un'evoluzione positiva dei personaggi: significa che la donna è alla pari dell'uomo.

"Evviva!"

domenica 10 gennaio 2016

Entrando nell'anno nuovo in punta di fiaba


Se l'anno nuovo si vede dal mattino, il mio 2016 non poteva iniziare meglio.
Ieri ho terminato la revisione di un romanzo molto importante. Una storia a metà tra la fiaba e il racconto d'avventura. Una storia che era nata a Stoccolma. Avevo iniziata a scriverla lì, nei caffè della Venezia del Nord, come qualcuno ricorderà: Una scribacchina nei caffè di Stoccolma.

Ora quel romanzo è concluso.
Ma la sua vera avventura inizia adesso.
Quindi incrociamo le dita: chissà che i miei pirati sgangherati non vedano la luce. Arrrrr!

Intanto devo ringraziare i colleghi e amici Luca Tarenzi e Aislinn: senza una bella chiacchierata con loro (e senza la loro opera di convincimento), non sarei riuscita a concludere.

Ma questo romanzo non è l'unica fiaba del 2016.
Sono contenta di notare che La signora dei gomitoli, la mia favola scaricabile gratuitamente da Amazon, sta ottenendo ottime recensioni.
Vi ringrazio tutti di cuore per tutto.
Che anche il vostro anno possa essere una fiaba da vivere in punta di piedi, o saltandoci dentro con decisione, come Alice nella tana del Bianconiglio.
Gisella



C'era una volta una signora che viveva tutta sola. I suoi gomitoli, però, erano speciali: in ognuno era racchiusa una storia, che lei raccontava ai bambini durante la Vigilia di Natale...

Volete ascoltare anche voi?
Seguite il filo del gomitolo...

sabato 5 dicembre 2015

A Natale regala un libro (ma prima leggilo)


Scena surreale in libreria.
Una signora anziana, dalla voce molto alta, nel reparto ragazzi. Seguita a ruota da un commesso che pigola esili informazioni. La signora non bada a lui, ma passa in rassegna gli scaffali. Sceglie i libri a colpo d'occhio. Senza nemmeno aprirli. Li afferra e se li mette sotto braccio. Poi ci ripensa e li mette giù. Poi li prende ancora.
Il commesso annuisce sempre e dice: "Ci sarebbe anche questo, e poi questo..."
Ma la signora è poco interessata: "No, guardi - dice - Diario di una schiappa sembra simpatico, eh, ma non fa molto Natale. Ci vorrebbe qualcosa di più carino, con più atmosfera..."

Ora, eviterò di lanciarmi in un O tempora, o mores! e mi limiterò a rivelare il maggior paradosso dell'editoria italiana: chi compra i libri non li legge (lo avevo già anticipato in questo post). Ci sarebbe da fare un lungo discorso, ma ragioniamo su questa signora che ho visto ieri alla Feltrinelli di Pavia, nella sezione ragazzi.

Lasciatemi almeno dire che trovo strana l'idea di una donna che compra i libri per i suoi nipotini con la stessa mentalità con cui sceglierebbe una bambola o un soprammobile: solo perché sono carini.

Intendiamoci: i libri sono oggetti. Sono fatti di carta, hanno un peso e un costo, hanno una copertina che li rende attraenti. Ma i libri - non è banale? - si suppone vengano regalati a un bimbo perché lui li legga. Quindi chi lo compra dovrebbe avere idea del contenuto. Dareste mai in mano a vostro figlio di 10 anni il sostanzioso volume di Guerra e pace?

Un paio di consigli, dunque.
Per cominciare, non scegliete un romanzo per la copertina, né perché lo avete visto nelle prime posizioni delle classifiche dei libri più venduti.

Regalate solo i libri che avete già letto e amato. E comprateli nuovi in libreria.
In questo modo, farete due ottimi favori.

Il primo all'autore del romanzo in questione, che riceverà un segno tangibile del vostro apprezzamento.

Il secondo favore lo farete al vostro amico, alla vostra fidanzata, a vostro figlio o vostra figlia, ai vostri genitori, insomma alla persona che riceverà il regalo. Il motivo per cui amiamo un romanzo è perché contiene un'immagine, un personaggio, una storia che in qualche modo parla di noi. Che rappresenta chi siamo, come eravamo, ciò che abbiamo paura di diventare o ciò che, purtroppo, non saremo mai. E la letteratura ha il potere di rendere questa immagine universale. Come scrive Borges, "L'immagine che un solo uomo può formare non tocca nessuno".

Il nostro amico, figlio, fratello, fidanzato, nelle pagine che gli regaleremo, troverà noi, ma anche un po' se stesso.
Ditemi se questa non è una magia di Natale.
A rileggervi,
Gisella

giovedì 19 novembre 2015

Estrazione Giveaway "Di me diranno che ho ucciso un angelo"


Buongiorno, cari lettori!
Avete partecipato in molti al Giveaway e vi ringrazio per l'interesse che continuate a dimostrare per il nostro angelo sperduto.
Vi ricordo brevemente i dettagli del libro.

Autore: Gisella Laterza
Titolo: Di me diranno che ho ucciso un angelo
Editore: Rizzoli
Trama:
A volte gli angeli cadono. Precipitano dalle loro altezze e sono costretti ad adattarsi a un mondo che non è il loro. Del nostro, di mondo, non capiscono molto: tutto è mistero ai loro occhi, soprattutto le varie forme che assume l'amore.
L'angelo di questa storia vaga sulla terra, incontra diverse persone e, come un bambino, pone domande a cui spesso gli adulti non sanno dare risposta.
Ma ora è tempo di annunciare i vincitori del giveaway, che sono...


Qui trovate la pagina ufficiale del romanzo: Di me diranno che ho ucciso un angelo.

Il libro è acquistabile in libreria. Se non c'è, basta ordinarlo e arriva in pochi giorni. Oppure il cartaceo si può ordinare qui: Libreria Ibs o negli altri store online, e l'ebook si trova ad esempio su Amazon.

Ed ecco i cinque vincitori, che riceveranno una copia ebook del romanzo.



a Rafflecopter giveaway

Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno partecipato.
A presto, con nuove iniziative!

venerdì 6 novembre 2015

Difficoltà e vantaggi del fantasy italiano
Tavola rotonda al Lucca Comics 2015



Il Lucca Comics lascia sempre un po' intontiti, privi di sonno, ricchi di esperienze. Questo non è stato diverso.

C'ero già stata due anni fa per presentare Di me diranno che ho ucciso un angelo (Rizzoli) e ne parlo qui: Lucca Comics 2013: persone strambe e sogni intrecciati.

Ci sono tornata quest'anno, onorata di essere stata ospite di una tavola rotonda sul fantasy italiano.
Con me, vedete in foto, da sinistra, gli scrittori Aislinn (Fabbri), Luca Tarenzi (Salani, Acheron Books), la sottoscritta, Andrea Atzori (Origami) e l'editore Fabio Attoli (Origami). Nell'incontro è intervenuto anche il mitico Mario Pasqualotto.

Aislinn, Luca Tarenzi, Gisella Laterza, Andrea Atzori, Fabio Attoli
Ora, ho messo al post un titolo altisonante, ma guardate le nostre facce: secondo voi, il discorso è stato serio? Tra risate perplesse e incertezze croniche, però, sono emersi degli spunti niente male. Una riflessione in generale sul fantasy, e sul fantastico, in Italia. Difficoltà e vantaggi che chi scrive questo genere incontra. Secondo il punto di vista (personale e soggettivo) di chi lo fa.

Ci sarà a breve il video completo della tavola rotonda. Per chi fosse impaziente di sapere cosa abbiamo detto (e per chi sarà troppo pigro per vedere lo streaming), ecco un disordinato riassunto.

Chi compra i libri non li legge
Sembra un paradosso, ma è la più solida delle realtà.
Signore e signori, ebbene sì, il libro è un oggetto. Chi lo compra, lo fa per possedere o per regalare un oggetto. Non per leggere. O meglio, non solo.

Ciò che tiene a galla l'editoria è il cosiddetto lettore debole: chi legge un libro all'anno, prendendolo spesso dai primi dieci in classifica. E' un lettore non informato, del tutto inconsapevole di ciò che acquista. E' un lettore che entra in libreria e acchiappa la prima cosa che vede sullo scaffale, perché ne parlano tutti, o perché vuole fare un regalo.

I lettori forti, invece, leggono almeno 12 libri all'anno (quelli davvero forti almeno 40-50). Si informano, selezionano, cercano prodotti di qualità, oppure sanno distinguere le letture di intrattenimento dalle letture di qualità. Ma chi può permettersi di comprare tutto ciò che legge? Soprattutto se i prezzi sono proibitivi?
Conclusione: il lettore forte onesto va in biblioteca; quello disonesto scarica il libro illegalmente. I libri comprati dai lettori forti sono solo quelli che sono piaciuti davvero e che il lettore vuole conservare.

Luca Tarenzi, Gisella Laterza
Il disastro delle mode
Ogni genere letterario si fonda su alcuni elementi canonici. Possono essere imitati, copiati, reinventati, stravolti... ma non si può prescindere da essi.
Il problema del fantasy è stato lo scoppiare di mode.
Tracciando una storia rapida, tutto è iniziato con la trilogia cinematografica del Signore degli Anelli. Dopo l'apparizione della Compagnia dell'Anello (2001), sono usciti gli imitatori di Tolkien. 
Dopo Eragon (2002), c'è stato il boom dei baby-autori. Ragazzi giovanissimi, attorno ai 16-19 anni, che hanno pubblicato romanzi immaturi. I quali, ma va?, si sono rivelati delle meteore (noi non abbiamo fatto nomi, ma i più ricorderanno diversi casi italiani).
Dopo Twilight (che è paranormal romance, ma rientra nel discorso)? Vampiri innamorati come se piovessero.
Ora che va di moda il Trono di Spade, si trovano ovunque (sia nella narrativa che nelle serie tv) fantasy violenti, cupi, con personaggi che sono delle emerite canaglie.

Qual è il risultato?
Tarenzi, Laterza, Atzori
Prima i lettori divorano tutto ciò che nella fascetta porta scritto "Emozionante come Hunger Games". Poi non ne possono più. Prima le case editrici cavalcano la moda. Poi non ne possono più. Perché alle loro scrivanie arrivano copie che sono le copie delle copie delle copie. E basta!

Il problema della classificazione
Questo riguarda soprattutto il mio romanzo, ma non solo. Come sapete, Di me diranno che ho ucciso un angelo genera qualche dubbio. Fantasy o no? I lettori l'hanno chiamato fiaba moderna, affine al Piccolo principe. Il problema è dunque: dove va a finire negli scaffali? Reparto ragazzi o reparto adulti? Fantasy o realistico?
Chi frequenta le librerie sa che la collocazione è tutto. Un libro che finisce nello scaffale sbagliato è un libro perduto.
A questo proposito, nella conversazione è intervenuto Mario Pasqualotto: a volte, la suddivisione di genere crea problemi o addirittura danni a quei libri che rifuggono dagli schemi.

Come fare per migliorare la situazione?
Niente di più semplice: comprate i libri.
Parlo con voi, lettori forti, che state leggendo questo post e dunque amate tenervi informati, oppure siete solo capitate qui per caso.
Comprate - i - libri - che - vi - piacciono
Oppure parlatene.
Tanto.
Vi piace una frase? Condividetela.
Vi ispira una copertina? Fotografatela.
Un romanzo vi ha tenuti svegli la notte, inchiodati alle pagine fino all'ultima? Raccontatelo. Su Facebook, al bar, a scuola, al lavoro.
Create ogni giorno una tavola rotonda della letteratura.
Raccontate i libri che amate, qualunque sia il genere a cui appartengono loro, qualunque sia la vostra età.

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Ecco qua tutto ciò che riesco a ricordare a memoria della nostra chiacchierata di Lucca, e se avrò commesso qualche errore, me ne scuso. La mia testa sta fluttuando nella febbre.

Lancio un appello a chi c'era: sapete dirmi se ho dimenticato, ho sbagliato qualcosa?

Lancio un appello a chi c'era e a chi no: che ne pensate?
Concordate? No? Avete osservazioni, aggiunte, obiezioni?
A rileggervi,
la vostra scribacchina

martedì 20 ottobre 2015

Come non scrivere un romanzo:
sette Sconsigli di una scribacchina


1. Si può leggere senza scrivere. Non si può scrivere senza leggere.


2. Non scrivete per diventare scrittori.


3. Non scrivete se non ne avete assolutamente, visceralmente bisogno. Scrivete solo se scrivere o non scrivere fa la differenza nelle vostre giornate.


4. Non scrivete se non avete niente da dire, o se non sapete come dirlo.


5. Non commettete mai, mai l'errore peggiore di ogni scrittore: prendersi sul serio; prendere sul serio gli altri.



lunedì 12 ottobre 2015

[Giveaway!]
Di me diranno che ho ucciso un angelo


Ieri ho compiuto 24 anni.
Tra i regali ricevuti, due sono i più importanti.
Il primo mi è stato fatto dal mio ragazzo: una giornata alle terme solo per noi, con l'acqua che ci coccolava il corpo e i pensieri.
Il secondo me lo sono fatta io: un paio d'ore a scrivere il nuovo romanzo. L'ho iniziato mesi fa, ma le (bellissime) esperienze della tesi di laurea e della collaborazione con il "Corriere della Sera" di Bergamo mi tengono lontana da questa storia, che non riesce a crescere. Così mi sono concessa due ore solo per me e lei, ieri sera.

Ma oggi il regalo è per voi che da tempo seguite il mio diario da scribacchina.
Voglio ringraziarvi per la vostra presenza con un bel giveaway!


In palio, 5 copie ebook del mio romanzo
Di me diranno che ho ucciso un angelo (Rizzoli).

Per partecipare, è sufficiente compilare il form sottostante.

Autore: Gisella Laterza
Titolo: Di me diranno che ho ucciso un angelo
Editore: Rizzoli
Trama:
A volte gli angeli cadono. Precipitano dalle loro altezze e sono costretti ad adattarsi a un mondo che non è il loro. Del nostro, di mondo, non capiscono molto: tutto è mistero ai loro occhi, soprattutto le varie forme che assume l'amore.
L'angelo di questa storia vaga sulla terra, incontra diverse persone e, come un bambino, pone domande a cui spesso gli adulti non sanno dare risposta.

Estratto:
“La vita è fumo?” chiese.“Sì, rispose la donna, piena di malinconia. “La vita è fumo, la vita è cenere. E l’unico modo per vivere è lasciare che entri, che penetri fino in fondo, lasciare che ti annerisca i polmoni. Ed è per questo che ti fa così paura, angelo candido: perché vivere significa inquinare se stessi. Ed è per quello che ti affascina tanto: perché la vita, proprio nell’istante in cui si consuma più intensamente, prende, nell’aria, una bella forma”

Partecipate al giveaway!

a Rafflecopter giveaway

L'estrazione avverrà il 19 novembre.
Condividete come se non ci fosse un domani...
e in bocca al lupo a tutti!

mercoledì 16 settembre 2015

Colazione da Feltrinelli


"Tiffany! È una meraviglia, vero? Capisci cosa intendo
quando dico che niente di brutto può accaderti qui?"
(Dal film Colazione da Tiffany)

Audrey Hepburn in Breakfast at Tiffany's
Poche cose mi fanno sentire a casa, al sicuro, come gironzolare tra scaffali colmi di libri. Mi piace vagare, passarci il tempo, perderci tempo. Avere da fare, e fermarmi comunque un attimo in più. Per prendere in mano un libro secondo l'ispirazione, attirata dalla copertina, o da un nome conosciuto e amato.

Quando "ho le paturnie", vado in una libreria. Che, durante questi miei anni all'Università di Pavia, è la Feltrinelli di via XX Settembre.

Era un'antica chiesa. Ora è sconsacrata. Le panche di legno, che ospitavano i fedeli inginocchiati in preghiera, sono state rimosse da decenni. Ma mi piace pensare che le panche si siano trasformate in scaffali, e che ora accolgano un diverso tipo di preghiera. Quella dei libri, che dicono: "Portami con te."

Così, cammino tra di loro, i romanzi, ascoltandone i sussurri.
I loro mormorii placano i miei pensieri. Le mie paure, a volte.
Mi fanno sentire che niente di brutto può accadermi lì, finché ci sono loro.

Mi sento a casa.
Così tanto che, quando suona il telefono, mi viene voglia di rispondere.
Ma questo forse è un po' eccessivo.

giovedì 3 settembre 2015

Una stanza tutta per scrivere


"Una donna per scrivere dovrebbe procurarsi del buon vino e una stanza tutta per sé."
Virginia Woolf

Ieri sono tornata a Pavia, nella casa dove ho vissuto per quasi quattro anni con le mie pazze coinquiline (che sono uno strano incrocio tra le protagoniste di Sex and the City e le tartarughe ninja).
Ho ripensato allora ai posti che mi hanno visto vivere e scrivere.
Eccoli qua.

La stanza delle stagioni, a Bergamo
In un piccolo paese di provincia c'è la stanza che mi ha visto bambina e che mi ha visto crescere. Alle pareti ha appesi quattro quadretti con le quattro stagioni. Quando avevo dodici anni, qui ho letto alla mia sorellina il mio primo romanzo (ne parlo qui).
Qui sono tornata ora, che ho quasi finito i corsi e mi manca solo la tesi magistrale.
Ma questa stanza non mi sembra più mia. Forse perché sono stata lontana troppo tempo, forse perché è uguale a quando avevo diciannove anni e rispecchia troppo la ragazza che ero allora è che non sono più.

V. Van Gogh, La camera.
La stanza azzurra, a Pavia
Nel 2010 ho iniziato a frequentare Lettere moderne a Pavia. Avevo scelto la stanza azzurra in via Parco Vecchio  perché, lo ammetto, mi piaceva il nome della via.
Nella stanza azzurra entravano gli amici dell'università, si fermavano fino a tardi a parlare e a suonare la chitarra.
Lì ho scritto un romanzo buffo e tante lettere alle persone sbagliate.
Ma nelle stanze accanto c'erano E. e L, coinquilini epici. L era quello delle fesHte. E. era un  bell'incrocio tra una mamma e un maschio alfa. E quando si è messa in testa di imparare a fare la pizza, l'ha fatta per una settimana. Non ho scritto meglio, ma con molta più gioia.

La stanza arancione, a Pavia
Mi sono trasferita nel 2012 in un altro appartamento, dove ho lavorato alla revisione di "Di me diranno che ho ucciso un angelo", pubblicata nel 2013.
Negli anni della stanza arancione, le tre coinquiline sono diventate le mie migliori amiche.
E il mio migliore amico è diventato il mio Pirata. Che ha dipinto e appeso lì un quadro (che raffigura una bambina in riva al mare). La cosa più cara che ho.

La stanza bianca, a Stoccolma
In cinque mesi di Erasmus, ne ha viste di tutti i colori.
Ma lì non ho scritto molto, perché vivevo in una stanza doppia e per scrivere, invece, ci vuole solitudine. Quindi uscivo e andavo al Borges Bagari, una caffetteria adorabile di cui parlo in Una scribacchina nei caffè di Stoccolma.

Questi sono i miei luoghi della scrittura. Hanno influenzato le mie righe? Non so in che modo, ma credo di sì.

E voi? Quali sono i vostri luoghi per scrivere?

martedì 11 agosto 2015

La scribacchina va in vacanza


Avrete notato che sto latitando e raramente approdo su questi lidi...
Il fatto è che sono piena di novità. Molte belle. Ma è troppo presto per parlarne, e da domani il tempo sarà anche messo in pausa.

Sex and the City

Domani, infatti, vado in vacanza con le mie amiche. Sì, quelle con cui per anni ho condiviso un appartamento a Pavia. Quelle che sembrano qualcosa a metà tra le protagoniste di Sex and the City e le Tartarughe ninja.

Le tartarughe ninja

Ora non vivo più con loro: come sapete, ho passato l'ultimo semestre della mia vita universitaria in Erasmus a Stoccolma. E adesso che non frequento più le lezioni, sono tornata a casa a Bergamo, a scrivere la tesi... e tante altre cose. Spero di potervene parlare un giorno.

Tutto questo per dire due cose.

La prima: saluti! Ci rileggiamo a settembre!

La seconda: questo è il post sul blog numero 200. Fa impressione, vero?
Quindi ringrazio una volta di più (ma mai abbastanza) tutti i lettori che mi seguono dall'inizio, sia quelli che sfogliano le pagine di questo angolino sul web, sia quelli che continuano a leggere il mio romanzo a distanza di anni dalla sua pubblicazione.
Grazie!
La vostra scribacchina,
Gisella